Riproponiamo un articolo inviatoci alcuni anni fa
Giuseppe Pezone |
Sia pure con ritardo, le invio questo mio primo articoletto sui nostri famosi biscotti comunemente chiamati “i biscotti di Calvizzano”. Sino ad oggi in parecchi hanno già scritto tutto sulla storia di questo prodotto che molto contribuì a far conoscere il nostro paese anche oltre i confini della provincia. La mia narrazione riguarda i ricordi e tutto ciò che maggiormente mi ha umanamente toccato. Quando ero ragazzo a Calvizzano vi erano due biscottifici , “Gagliardi “ e “Trinchillo”, dal nome delle due famiglie che li gestivano, entrambi, infatti, erano a conduzione familiare. Dei due, quello che penso abbia avuto maggiore notorietà è stato il biscottificio Gagliardi probabilmente per il famosissimo biscotto per metà a cioccolato denominato “mascarino”. Una vera delizia specialmente inzuppato nel latte. Mamma li comprava per lo più per regalarli, così come penso facessero tutti i calvizzanesi, essendo un dono sempre molto gradito. In verità lei a casa preparava un tipo di biscotto anch’esso molto buono che chiamava “biscuttelle”, prodotto in base ad una ricetta che proveniva dal monastero di S. Margherita a Fonseca a Napoli dove una zia di mamma era vissuta sin da piccola con delle suore, pur non prendendo mai i voti. Una storia tenerissima, a dimostrazione che la donna ha in se quell’istinto materno, incommensurabile dono di Dio, che ritengo non potrà in nessun modo essere surrogato. Attualmente posso ancora gustare le “biscuttelle “ grazie a mia moglie Marisa e alla ricetta che amorevolmente mia madre le ha lasciato. Il biscottificio Gagliardi è sempre stato ubicato dove tutti lo ricordiamo. Il mio primo ricordo di quel biscottificio risale a quando una volta vi entrai con mia madre. Comprammo i mascarino e li portammo ad un chirurgo che pochi giorni dopo a Napoli mi operò di appendicite. Ricordo che mentre uscivamo giunse un signore che trainava un carrettino stracarico di legna per il forno. Successivamente seppi che si chiamava Totonno, era un dipendente del Comune e svolgeva l’attività di netturbino e di banditore, infatti a volte girava per le strade del paese avvertendo ad alta voce che sarebbe mancata l’acqua. Lo ricordo sempre impegnato in lavori di forza, come scavare grosse buche per consentire lavori pubblici di idraulica o portare a spalla quarti o addirittura mezze mucche macellate da poco all’interno di macellerie del paese. Tempo fa conobbi una figlia a Marano quando si lottava contro l’apertura della discarica. Parlando del padre, mi raccontò che quando lavorava al Comune una notte nonostante avesse la febbre volle uscire per spazzare il corso principale dicendo ai familiari preoccupati che quando da li a poco le persone sarebbero uscite di casa per raggiungere il posto di lavoro dovevano trovare la strada pulita.
Il biscottificio Gagliardi come abbiamo già detto era a conduzione familiare . Al banco vendita c’era una signora di nome Amelia dal piglio un po’severo, figlia del fondatore Raffaele Gagliardi, mentre al forno, che era attiguo, lavoravano alla preparazione e cottura dei biscotti, Giacinto figlio di Raffaele, saltuariamente suo fratelloGiuseppe e un loro cugino di nome Francesco Gagliardi detto “Ciccio”, il quale, colonna portante dell’attività, anche dopo la morte di Giacinto,continuò nel biscottificio la sua attività. Oltre al “mascarino “ producevano un biscotto tipo fetta biscottata denominato “biscotto della salute”,a cui erano attribuite qualità nutritive superiori. Per questo motivo erano acquistati dai maggiori ospedali di Napoli tra cui il Monaldi per i loro pazienti. Un noto pediatra napoletano il Prof. Pinto usava consigliare questo biscotto alle mamme per i loro figlioletti, ritenendoli utili per una sana crescita. Quando i biscotti erano in cottura emanavano di buon mattino nell’aria un gradevolissimo profumo che era quasi ben augurante per le persone che uscivano dal paese. Lo stesso profumo le accoglieva al loro rientro.
A proposito del forno, d’inverno alle vecchiette che abitavano nei paraggi veniva regalata la brace ardente per i loro bracieri dopo che i biscotti erano stati sfornati. Il forno spesso ospitava anche pizze e tortani di chi abitava nei paraggi, alla stregua dei forni che pur di proprietà di una singola famiglia erano a disposizione del vicinato. Si racconta, sempre, a proposito del forno, che un fruttivendolo ambulante di nome Carluccio che veniva a vendere a Calvizzano con un carretto trainato da un cavallo (i meno giovani se lo ricorderanno sicuramente) nei giorni invernali freddi e piovosi, di mattino presto arrivava tutto bagnato e infreddolito. La sua prima tappa per la vendita era all’inizio di via Ritiro, proprio di fronte il biscottificio. I Gagliardi allora, evidentemente inteneriti, lo invitavano ad entrare, fornendogli un’ospitalità genuina e familiare. Si toglieva l’enorme impermeabile che indossava, facendolo asciugare vicino al forno e si ristorava con una tazza di latte caldo e con i biscotti appena sfornati. Spesso molti papà, di sera, al rientro dal lavoro, nel biscottificio compravano quei tipici biscottini a forma di animaletti e di lettere dell’alfabeto, facendo felici i loro figliuoli. Gli stessi biscottini li trovavamo nella calza il giorno della Befana. All’epoca la Befana rappresentava per noi qualcosa di magico, di mitico. Purtroppo, negli anni, è stata pian piano accantonata da Babbo Natale. Alcuni biscotti avevano una precisa tipologia di acquirenti, mi riferisco ai savoiardi e ad un tipo di biscotto chiamato, se non erro, “tuzzarielli”. I primi erano assai ricercati da persone di Mugnano di Napoli che avevano la passione di allevare uccellini in gabbia, perché li ritenevano particolarmente nutrienti per gli uccellini nel periodo della cova. Costoro, per essere certi di assicurarsi il quantitativo a loro necessario, attendevano l’apertura del biscottificio il giorno che questi biscotti venivano prodotti. I “tuzzarielli “ erano invece assai graditi dai frequentatori della storica cantina che si trovava all’inizio del “zona lagno” adiacente la provinciale ove si giocava a bocce. Pare che fossero molto buoni col vino, un po’ come i cantucci toscani e ne facevano un gran consumo. La produzione dei biscotti era limitata, per cui quando si acquistavano erano sempre freschi. Ciò per la famiglia Gagliardi rappresentava a volte un problema nei giorni di Natale, quando tutto il prodotto era stato venduto, capitava che dovevano rinunciare al loro quantitativo per accontentare i clienti dell’ultima ora. Gli ingredienti che utilizzavano, come è facile immaginare, erano di primissima qualità. Il cacao e la cioccolata provenivano dal Piemonte, mentre le mandorle venivano fornite da un produttore di Triggiano che, nel mese di Agosto, ne inviava un piccolo quantitativo al fine di permettere ai Gagliardi di testarne la qualità. Venivano così prodotti dei roccocò, per i Gagliardi era il test più attendibile al fine di scegliere la qualità che ritenevano migliore da utilizzare per la loro produzione annuale di biscotti e pasta reale. Negli anni ottanta con la dipartita di Ciccio Gagliardi, il biscottificio chiuse definitivamente i battenti. Da allora più di un produttore locale ha tentato di riproporli, ma onestamente bisogna riconoscere che quelli prodotti dai Gagliardi erano un’altra cosa. Va detto innanzitutto che la ricetta è stata sempre gelosamente custodita dai Gagliardi, (decisione che condivido appieno), va aggiunto inoltre che oggi non sarebbe semplice trovare gli ingredienti della stessa qualità utilizzati all’epoca. Più fattori concorrevano in quel periodo a rendere quei biscotti così buoni: oltre agli ingredienti, vi era l’amore e la passione che la famiglia Gagliardi provava per quello loro attività, in un contesto di assoluta artigianalità che oggi difficilmente riscontriamo se non in spot pubblicitari televisivi di note industrie dolciarie italiane.
All’epoca, invece, nel biscottificio Gagliardi era tutto reale. Purtroppo il tempo ha lasciato nel passato tante tradizioni, modi di vivere, abitudini legate più alla semplicità e alla spontaneità. La storia ha il compito di non dimenticare, di ricordare sempre tutto ciò che l’uomo ha fatto di buono e di meno buono, così da poter meglio affrontare il nuovo, che giorno dopo giorno ci viene proposto. Alcune fondamenta che da sempre hanno retto la società come la famiglia oggi vengono messe in discussione nella sua essenza con dei nuovi modelli. Il nuovo non deve spaventare, ma come ben sappiamo non sempre purtroppo è portatore di benessere. La storia ed il nostro passato, ci aiuterà a non commettere errori.
Giuseppe Pezone
Egregio signor Pezone, questo non è un articoletto, come lei l’ha definito in premessa, questo è un capolavoro. Ce ne invii altri, siamo sempre ben lieti di ospitarla, sicuri di fare cosa gradita ai nostri lettori.
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