La grande peste del 1656, a Marano le vittime “registrate” del contagio furono appena 26: il parroco di Calvizzano dell'epoca abbandonò la chiesa
Dal libro del compianto Peppe Barleri, “Tra dominazioni e rivolte: da Masaniello alla Repubblica Partenopea”
La peste del 1656 a Napoli decimò due terzi della popolazione. Un vero flagello. A Marano, però, che all’epoca contava 2500 abitanti, le vittime “registrate” del contagio furono appena 26 (con un rapporto, quindi, 1 a 100) in realtà come fa intendere lo stesso parroco del tempo, Baccalà, quei 26 appestati furono solo quelli per i quali si fecero le esequie e si pagarono i relativi diritti di inumazione: Jus mortis. Sinceramente ci saranno stati molti più morti perché da un certo momento in poi furono sospese pubbliche esequie e cortei per limitare il contagio. Nonostante tutto ciò da noi la peste sembrò aver infierito di meno. Ciò si evince dal comportamento del nostro concittadino Rev. Don Sabatino Di Somma Parroco della laicale chiesa di San Giacomo a Calvizzano. Costui senza curarsi di dare sollievo agli appestati abbandonò il Casale di Calvizzano per trovare rifugio a Marano, suo borgo natio. La fonte da cui sono state desunte le generalità degli appestati ed il luogo di sepoltura è il terzo libro dei morti - è scritto a pag. 80 del libro di Barleri - , conservato presso la Parrocchia di San Castrese, redatto a mano dall’allora Parroco Don Giovanni Antonio Baccalà.
Alla fine di ottobre del 1656, si ritenne definitivamente cessata la peste. Fortunatamente la morte non colpì il Parroco, altrimenti quegli appestati sarebbero passati all’eternità senza il conforto dei Sacramenti. Qualcuno però come si è detto non li potettero avere. Il Parroco e il suo Clero, durante l’epidemia, misero a repentaglio la propria vita per accorrere al capezzale degli infermi.
Il Parroco infatti ha registrato i funerali che gli sono stati “pagati”, ma non gli altri, quelli dei poveri ed indigenti. Ben presto infatti le cerimonie funebri cessarono sia per evitare altri contagi che per mancanza di parenti che vi assistettero o di preti che le celebrassero e nessuno più fu “registrato”.
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